Home Page » Archivi » Notizie » Scrivo all'Ordine

Notizie - Scrivo all'Ordine

COMUNICAZIONE FRA MEDICI, FRA MEDICO E PAZIENTE..... RILEVANZA E PROBLEMATICITA'
mer 29 gen, 2014

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera dei Dottori Giovanna Callura e Michele Battagliola.

Segue commento del Presidente dell'OMCeO Dott. Ottavio Di Stefano


 Oggetto:  Relazione riguardante prescrizione Arixtra nei confronti di un assistito della dottoressa Callura


Solitamente nel nostro Gruppo, se l’ambulatorio è un po’ affollato, dopo aver terminato le visite dei miei pazienti, accolgo in ordine di arrivo e per chi lo desidera, gli assistiti della dottoressa Callura.
Così il 6/12/12 verso le ore 11.15-11.20 ricevo la moglie dell’assistito M.T. che si presenta liberamente nel mio studio esibendo documentazione specialistica riportante una diagnosi di TVP arto inferiore con indicazioni terapeutiche e follow-up diagnostico: Arixtra 5 mg 1 fl die per 30 gg, calza elastica, estesa batteria di esami la maggior parte riguardanti alterazioni della coagulazione; controllo a 30 gg.

Ai sensi della DGR 10804 del 16-12-2009, Allegato 11, per favorire la piena presa in carico della responsabilità prescrittiva da parte di tutti gli attori del sistema, vengono abilitati all’effettuazione di prescrizioni farmaceutiche a favore di cittadini lombardi attraverso l’utilizzo del ricettario SSN (ex art. 50 della Legge 326/2003), i Medici delle Aziende Ospedaliere, i medici delle strutture sanitarie di diritto privato, sia intra che extraospedaliere, accreditate e a contratto con il SSR, i medici specialisti ambulatoriali convenzionati.
Nel caso di prescrizioni difformi dalle indicazioni terapeutiche registrate del farmaco stesso, o per terapie sperimentali, lo Specialista è tenuto all’adeguata informazione del paziente, ed all’acquisizione del consenso informato al trattamento.

 

Il collega specialista, se pur in ambito di libera professione ha prescritto ARIXTRA non rispettando le indicazioni presenti in scheda tecnica: infatti per il paz. in oggetto, del peso di circa 80 kg., il dosaggio giornaliero indicato dovrebbe essere di 7,5 mg  e non di 5mg come invece prescritto...... “La dose raccomandata e' 7,5 mg (per pazienti con peso corporeo >=50, <=100 kg) una volta al giorno somministrata tramite iniezione sottocutanea. Per i pazienti con peso corporeo < 50 kg si raccomandano 5 mg; per i pazienti con peso corporeo > 100 kg, invece, 10 mg.”
In secondo luogo veniva prescritta una terapia da protrarsi oltre i 10 giorni indicati come limite  per mancanza di dati di sicurezza, come si legge ancora in scheda tecnica: Il trattamento deve essere continuato per almeno 5 giorni finche' non viene instaurata una adeguata anticoagulazione orale (INR compreso tra 2 e 3). Un trattamento anticoagulante orale concomitante deve essere iniziato appena possibile e di solito entro 72 ore. La durata media del trattamento negli studi clinici e' stata di 7 giorni, e l'esperienza clinica per un trattamento superiore a 10 giorni e' limitata.

Il controllo successivo veniva invece fissato a 30 gg di distanza per cui la prescrizione avrebbe dovuto coprire almeno tale periodo (anche se verbalmente la moglie del paz. parlava di molte settimane di terapia).
Poiché nell’atto di prescrivere il medico (anche se trascrittore) diventa di fatto responsabile della terapia consigliata, al fine di tutelare la salute del paz. ho prescritto il farmaco al dosaggio corretto, ovvero 1fl da 7,5 mg/die, per una durata non superiore ai 10 gg, motivando la scelta al paziente e spiegando con pazienza e chiarezza come in contemporanea al trattamento parenterale,   avrebbe dovuto iniziare trattamento con Coumadin (1 cp die) controllando a breve distanza l’INR. (con contestuale rilascio di relativa impegnativa).  Molti degli altri esami richiesti dovevano essere necessariamente rimandati ed eseguiti solo una volta sospesa la terapia farmacologica anticoagulante, prevista per diversi mesi.   

           
Il tutto durava circa 30 minuti dato che il sottoscritto si preoccupava  di confrontarsi con uno specialista chirurgo di comprovata fama ed esperienza. Alla fine della consulenza infatti la moglie del paz. ringraziava il sottoscritto per il tempo dedicato,  salutandomi cordialmente.

Nel pomeriggio di giovedì 6/12 verso le ore 16.30 vengo contattato dalla cardiologa di riferimento del paz (era evidente che ella aveva di fronte la moglie del paz, che poteva ascoltare) alla quale spiegavo in modo cordiale ma deciso che quando lo specialista consiglia ma non prescrive direttamente un farmaco è il MMG che, prescrivendolo, diviene responsabile della prescrizione sia in termini medico-legali che di spesa sanitaria e che quindi ritenevo corretto, mantenendo come primo mandato la tutela della salute del paz., attenermi in modo stretto e puntuale alle indicazioni presenti in scheda tecnica. Spiegavo anche che una prescrizione non conforme alle indicazioni riportate in scheda tecnica assumeva il carattere di “off label” con le conseguenze che la legge impone (consenso informato scritto, ecc). La cardiologa mi disse allora che avrebbe parlato con la signora riferendole il mio pensiero. Cosa poi avrebbe riferito è facile intuire prestando attenzione a ciò che verrà in seguito.

Terminata la telefonata con la collega, dopo circa 30 minuti ricevevo la telefonata da titolare di Farmacia di Concesio che mi informava di una telefonata intercettata da una sua commessa che chiedeva modifica del dosaggio della ricetta da me redatta in mattinata con la correzione del dosaggio a 5 mg! Spiegavo quindi anche al farmacista che la ricetta non poteva subire modifiche se non con la controfirma eventuale del sottoscritto.

Quindi, l’indomani, ricevevo la telefonata del Dott. Vassallo, Direttore Sanitario dell’ASL di Brescia, che mi chiedeva in modo estremamente cordiale delucidazioni sulla questione in oggetto (che non avevo difficoltà a fornire). Mi veniva chiesto anche il nome del collega chirurgo autore della prescrizione di cui sopra, ma che in quel momento non sono stato in grado di fornire. Il Direttore sanitario mi salutava ringraziandomi per la collaborazione riferendomi che avrebbe contattato la Direzione Sanitaria della Clinica S. Anna presso cui lo specialista prestava servizio.

In data 12/12 la moglie del paziente fissava un appuntamento con la dottoressa Callura, e si presentava inaspettatamente accompagnata dal marito/paziente. La Dottoressa Callura diveniva subito oggetto di insulti e minacce da parte della coppia (insulti estesi anche al sottoscritto, ancorché assente). Gli assistiti pretendevano una prescrizione “a comando” (ossia il farmaco in oggetto in formulazione e posologia insufficiente e diversa da quanto già prescritto in precedenza) con atteggiamento e comportamento a dir poco incivili e parole molto pesanti, in particolare considerato il contesto in cui ci trovavamo.

La dottoressa ribadiva con calma che concordava con la terapia impostata in scienza e coscienza in precedenza dal sottoscritto.

La coppia se ne andava pertanto dallo Studio medico continuando a ripetere improperi e denigrando la professionalità della dottoressa.

Nella stessa serata la dottoressa inoltrava lettera di revoca nei confronti degli assistiti di cui sopra per grave turbativa del rapporto di fiducia.
Nella convinzione di aver agito al meglio secondo le norme di legge e secondo le regole della BUONA PRATICA MEDICA al fine di tutelare la SALUTE del pz. e disponibili ad eventuali ulteriori approfondimenti si porgono cordiali saluti.

Fto Dottoressa Callura Giovanna (MMG-Concesio)
Fto Dottor Battagliola Michele (MMG-Concesio)


Fonti
– Legge n. 531 del 29.12.1987.
– Delibera Giunta Regionale n. 41607 del 11.04.1989.
– Delibera Giunta Regionale n. 5/12317 del 30.07.1991.
– D.L. n° 124 del 29/4/1998
– Delibera Giunta Regionale n° 42606 del 23/4/1999
– D.P.R. 270/2000 del 28/7/2000
– Nota Regione Lombardia n° H 1.2004.0041690 del 26/7/2004
– Accordi collettivi nazionali per la Medicina Generale e PdF
– Nota Regione Lombardia n. H120080047100 del 30-12-2008
– DGR Regione Lombardia VIII/9581 dell’11-06-2009
– DGR Regione Lombardia VIII/10804 del 16-12-2009
– DGR Regione Lombardia nr. 621 del 13-10-2010
– DGR Regione lombardia nr. 397 del 1-12-2010
– Circolare 20/SAN del 30-12-2010

* * * * *      * * * * * *     * * * * * *

Risposta del Presidente dell'OMCeO Dott. Ottavio Di Stefano

Pregiatissimi
Dott.ssa Giovanna Callura, Dottor Michele Battagliola

Concordo con voi che il caso esposto induce serie riflessioni indipendenti dalla rilevanza clinica.

Nel caso in specie fu chiesto al dott. Battagliola prescrizione di Fondaparinux 5 mg, una fiala al giorno per trenta giorni, su indicazione chirurgica specialistica, per un paziente affetto da Trombosi Venosa Profonda. Si trattava di un paziente della dott.ssa  Callura; l’organizzazione, in medicina di gruppo, di codesto studio consente l’accesso dei pazienti ad altri colleghi, in caso di necessità, anche al di fuori degli orari di ambulatorio deli proprio medico.

La terapia della trombosi venosa profonda, ad eccezione delle forme distali, prevede l’utilizzo, in fase acuta, di eparine a basso peso molecolare o di fondaparinux embricando anticoagulante orale. La terapia parenterale va proseguita fino ad ottenere INR in range terapeutico e comunque per almeno cinque giorni di associazione (CHEST February 2012; 141,2_suppl.. Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines).

Il dott. Battagliola fece presente al paziente (alla parente) che tale prescrizione non era conforme alla scheda tecnica del farmaco, sia in relazione alla posologia, sia per la durata di terapia (trenta giorni) ed ancora che vi era indicazione (e quindi necessità d’informazione) di una concomitante terapia anticoagulante orale (TAO). In pratica si può dedurre che il collega chirurgo avesse proposto il solo fondaparinux quale terapia della TPV.

Per essere assolutamente rigorosi esistono situazioni cliniche in cui la terapia della TVP può essere attuata con le solo eparine (e quindi con un’ estensione un po’ ardita anche con il fondaparinux). Si tratta di situazioni note e particolari: pazienti con patologia neoplastica non stabilizzata o avanzata ed ancora in quei casi in cui non sia possibile per ragioni socio familiari, per situazioni cliniche (per esempio deficit cognitivo) o per espresso rifiuto del paziente di attuare TAO. (Treatment of lower extremity deep vein thrombosis.  Gregory YH Lip, MD, FRCPE, FESC, FACC Russell D Hull, MBBS, MSc; UpToDate Dic 2012). Non pare questo il caso.

Questo breve riferimento clinico ha la sola valenza di sottolineare come il comportamento clinico del dott. Battagliola sia stato del tutto corretto e deontologicamente ineccepibile.

L’episodio, al di fuori degli aspetti specificatamente clinici, evidenzia tutta la criticità della comunicazione in medicina, qui intesa in senso globale, quindi rapporti tra medici e relazione tra medico e paziente.

La prescrizione specialistica pare non fosse corredata da sufficienti informazioni sulla particolarità della prescrizione, al di fuori di quanto previsto da linee guida validate, e non indicando l’eventuale necessità di prescrizione del farmaco in modalità of label con le pratiche conseguenti (acquisizione del consenso informato scritto e attestazione di responsabilità del medico prescrittore.)

Una comunicazione diretta fra medico specialista e medico di medicina generale avrebbe consentito, forse, un iter terapeutico condiviso, in relazione anche ai diversi vincoli prescrittivi della medicina ospedaliera e della medicina del territorio.

Abbiamo tutti in mente la figura del vecchio medico di famiglia che seguiva il suo paziente, spesso, dalla nascita fino al fine vita.

L’esperienza e la dedizione del professionista erano sufficienti a fronteggiare pressoché tutte le problematiche cliniche.

Si trattava di una medicina “povera”, ma ricca di compiute relazioni umane.

Questa figura di medico, esclusi gli elementi paternalistici negativi, va sicuramente in gran parte recuperata, ma Il quadro attuale è radicalmente mutato.

L’evoluzione tecnologica tumultuosa degli ultimi decenni inonda con la sua massa di novità il medico di medicina generale. Si apre un mondo di possibilità diagnostiche e terapeutiche. Il districarsi in questa “selva”, per garantire l’appropriatezza delle prestazioni, non può essere demandato tutto all’aggiornamento individuale. L’interazione fra medici diventa assolutamente indispensabile.

La comunicazione fra professionisti, al tempo della medicina della complessità, è, quindi, essenziale per un buon esito assistenziale.

Forse si potrebbe iniziare da cose, apparentemente, banali quali la chiara identificabilità del medico specialista e la facile reperibilità telefonica.

Ma ciò che più conta è la disponibilità al confronto che non s’impara, certamente, nel corso di laurea.

Questa disponibilità è un valore etico e professionale che purtroppo, spesso, trascuriamo soffocati da una routine ossessionante. E qui diventano indispensabili nuovi assetti organizzativi, sia della medicina del territorio che specialistica, dove la comunicazione dovrà trovare modelli condivisi e sistemici di cui accenneremo più avanti.

Un’ultima riflessione, ma importante.

La comunicazione fra medico di medicina generale e paziente (parente), nel nostro caso, è stata del tutto corretta ed attuata in modi e tempi adeguati, non frequentissimi nella pratica di clinica comune. Eppure il paziente (e la parente) ha manifestato un atteggiamento d’insoddisfazione e contrarietà.

Chi scrive pensa che questa situazione sia paradigmatica di uno scenario davvero grave dove si appalesa la crisi della figura del medico di base (e del medico?). Medico di famiglia che, nella gerarchia valoriale dell’opinione pubblica, è scaduto ad un ruolo di “copista” rispetto alla medicina specialista ed ospedaliera.
Questo non corrisponde alla realtà ed è irrispettoso dell’impegno strenuo che molti medici di famiglia, quotidianamente, dimostrano. Il medico di MMG quando stila una ricetta, anche su consiglio e indicazione specialistica, diviene il primo responsabile della prescrizione. La responsabilità clinica è tutta a suo carico ed ha quindi il dovere etico e professionale di confrontarsi sulla correttezza e sull’appropriatezza di quanto prescrive al suo paziente.

Una gran parte di responsabilità di questa rappresentazione distorta spetta ai media. La notizia che “buca” il video pare prescindere dall’indispensabilità del primo incontro fra medico e paziente, proprio nell’ambulatorio di medicina generale. E’ quell’incontro che determinerà l’iter successivo che coinvolgerà le giuste competenze e gli appropriati presidi specialistici, anche più raffinati.

E’ nozione documentata nella letteratura internazionale che, in un sistema sanitario universale e solidaristico come il nostro (fino a quando rimarrà tale), il buon funzionamento dello stesso è legato al livello di qualità della prestazione professionale del medico di medicina generale.

Queste enunciazioni appaiono convincenti e facili dal punto di vista teorico, ma si scontrano con una realtà alquanto diversa della medicina del territorio. La comunicazione, l’acquisizione d’informazioni e l’aggiornamento, al tempo della medicina complessa ed in continua innovazione, prevedono un’adeguata disponibilità di tempo clinico.

Situazione assolutamente difficile da realizzare laddove si pensi che l’iter burocratico (non quello gestionale si badi bene) incide nella misura del 50% nell’attività quotidiana del medico di medicina generale. Ed ancora ci viene in soccorso la letteratura internazionale quando indica un nuovo modello della medicina di territorio. Lo studio del medico di medicina generale deve, e dovrà sempre più, comprendere varie figure oltre al medico. Parliamo di professioni sanitarie non mediche e di ricollocazione concordata delle responsabilità (Ghorob A, Bodenheimer T. N Engl J Med 2012;366:1955-1957).

Alcuni elementi sono contenuti nella recente legge Balduzzi, di cui attendiamo, prudentemente, l’evoluzione pratica considerando l’attuale carenza sistemica di risorse.

Esempi di un nuovo modo d’integrazione, in cui il ruolo dei MMG è stato decisivo, si sono realizzati nella nostra provincia ed hanno determinato una riduzione di spesa per alcune tipologie di pazienti (es: riduzione di ricoveri di pazienti diabetici di tipo 2). I risparmi, così indotti, dovrebbero alimentare le risorse del nuovo modello organizzativo. Tutto questo se si considererà tale assetto una priorità.

L’Ordine ha istituito la commissione per l’interazione professionale. I colleghi coinvolti stanno lavorando con impegno che però, e sarebbe inutile negarlo, si scontra con incomprensioni e “ruggini” fra le categorie. Siamo, convintamente, intenzionati a proseguire considerando la centralità del tema.

Carissimi dott. ssa Callura e dottor Battagliola come vedete il Vostro caso particolare tocca le corde più profonde della nostra professione.

Quest’Ordine crede che il problema della comunicazione, ancora intesa in senso estensivo, sia preminente e che tutti i medici debbano essere messi nella condizione di praticarla costantemente e correttamente.

Dedicheremo il prossimo numero di Brescia Medica esclusivamente al tema della “comunicazione”.

Questo è “il poco” che possiamo fare. Crediamo, però, che suscitare una discussione aperta e propositiva sia del tutto utile.

Da questo osservatorio sembra di apprezzare una più diffusa sensibilità dei medici, rispetto al passato, alla centralità dei momenti d’interazione.

E’ un’impressione flebile, ma che ci consente di guardare al futuro con lieve ottimismo.

In attesa di un vostro gradito commento
Un caro saluto
Ottavio Di Stefano


Nota: per un black out informatico è andata persa la prima stesura di questa lettera che era più analitica e quindi lunga. La brevità della presente versione credo non dispiacerà al lettore.