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MARE NOSTRUM
gio 19 lug, 2018

Nei miei quaranta due anni di medico internista (se potessi - !!- tornare indietro rifarei l’internista) ho sempre avuto un gran rispetto, quasi una venerazione per alcune specialità.

Nei primi anni mi affascinavano i rianimatori. Loro erano in grado di intervenire nell’emergenza quando, i minuti contano, e spesso ho assistito a recuperi di vite al limite.

Di fronte al malato con problemi psichiatrici mettevo in campo tutta la mia presunta capacità di relazione collezionando molto spesso chiusure e vere proprie sconfitte. Poi arrivava lo psichiatra, senza strumenti tecnologici, ma solo con la parola e se stesso riusciva a scalfire o addirittura rompere le mura dove il malato si era rinchiuso, ad interagire, a capire.

 

E poi quelli che spendono tutta la loro vita professionale a prendersi cura dei malati in cui la malattia ha vinto. Dalle cure palliative, alle disabilità irreversibili, alle malattie neurodegenerative ed alle malattie rare. Insomma quelli che sanno, fin dal primo approccio al paziente, che non lo potranno guarire, eppure testardamente, un giorno dopo l’altro sono lì con il loro malato ed ai suoi cari cercando di rendere queste vite sopportabili.

Ma tutti noi, con qualche miserabile eccezione che purtroppo esiste, viviamo una relazione che, se ci pensate bene, non è altro che dare sempre e comunque valore alla vita quale che sia.

Senza alcuna posizione di parte, per quello che ho vissuto e che il mio lavoro mi ha insegnato, inorridisco e non riesco ad accettare le immagini di questi giorni del nostro mare. Questo mare nostrum che è solo lo specchio di quanto il valore della vita sia diventato universalmente effimero.

Eppure per noi, spero per tutti noi, rimane il fondamento su cui abbiamo costruito la nostra professione e la nostra stessa vita.

Ottavio Di Stefano