Pàssio. Non capivo questa parola, non ne conoscevo il significato. Andavo in chiesa con mia madre, in quei tempi lontani, molto lontani, e ricordo solo le ore di tedio ad ascoltare litanie incomprensibili.
Passio Domini nostri Iesu Christi secundum Matthaeum…… La parte dei Vangeli in cui è narrata la Passione di Gesù.
E poi il sabato sera quando si slegavano le campane e suonavano a festa e mio padre, immancabilmente, annunciava “è risorto”. Ebbene, vi confido che dietro quel suo annuncio solenne ho sempre creduto che pensasse “Anche quest’anno ce l’ha fatta… nonostante.”
Da laico ho un rispetto assoluto per questi giorni e per il messaggio così alto e di valore che trascende la confessionalità.
Con ardita delicatezza mi accingo ad un paragone irriverente e mi scuso già con chi lo riterrà, forse a ragione, fuori luogo.
Anche la nostra gente ha avuto settimane di passione. Con gente intendo quelli che si sono ammalati, i tanti che se ne sono andati e quelli che, senza distinzione, se ne sono presi cura.
Settimane drammatiche che hanno, oggettivamente, messo in luce i limiti della gestione, dell’organizzazione e dell’impreparazione tecnica. Si è trattato, però, di un evento straordinario, di rilevanza epocale.
Non amo quelli che, armati del senno di poi, sentenziano, ora, soluzioni facili.
Questo, però, non vuol dire non porre quesiti, non partecipare al dibattito, non proporre soluzioni che vengono dallo studio e dall’esperienza.
Il virus in pochi mesi ha cambiato il mondo. Ha cambiato anche noi? Saremo in grado di affrontare le lacune, anche strutturali, che ha drammaticamente reso evidenti?
Cambierà il nostro spirito nell’affrontare i problemi per il bene comune e limitando il più possibile l’umano “particulare”? Non lo so.
Intanto LUI, nonostante tutto, risorge e dà gioia a chi crede, ma….. un po’ di speranza a tutti noi.
Auguri.
Ottavio Di Stefano