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SIPPS Newsletter dalla letteratura. Articolo "La determinazione del test rapido per il dosaggio della Proteina C-Reattiva come mezzo per ridurre il consumo di antibiotici nei bambini con infezione respiratoria visti sul territorio"
lun 18 dic, 2023

Di seguito l'articolo pervenuto dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS)

Staiano A, Bjerrum L, Llor C, Melbye H, Hopstaken R, Gentile I, et altri
La determinazione del test rapido per il dosaggio della Proteina C-Reattiva  come mezzo per ridurre il consumo di antibiotici nei bambini con infezione respiratoria visti sul territorio.
Front Pediatr. 2023;11:1221007.

I bambini visti sul territorio dai pediatri di libera scelta nel corso della stagione invernale per una infezione respiratoria sono tantissimi. La stragrande maggioranza di essi ha una forma di origine virale e non richiede, quindi, alcuna terapia antibiotica. In diversi casi, tuttavia, la difficoltà di inquadrare in modo preciso la localizzazione dell’infezione e di escludere con certezza la possibile presenza di una eziologia batterica può indurre il pediatra a prescrivere un antibiotico. Sulla base dei soli riscontri clinici può essere, infatti, molto difficile, se non impossibile, differenziare una banale rinofaringite da una polmonite di gravità così lieve da non indurre significative variazioni della dinamica respiratoria e della saturazione in ossigeno. D’altra parte, gli stessi esami di laboratorio, al di là della difficoltà di esecuzione, non sono spesso completamente dirimenti. Alcune forme virali, quelle da adenovirus in testa, si associano ad un aumento degli indici di flogosi assai simile a quello che si verifica nelle forme batteriche. La radiografia del torace, per altro non raccomandata nelle forme respiratorie lievi da non ricoverare, non sempre evidenzia con sicurezza le alterazioni polmonari e queste, quando presenti, sono spesso sovrapponibili quale che sia l’eziologia.

Un certo numero di bambini che non dovrebbe ricevere antibiotici viene, quindi, comunque trattato con questi farmaci, tantopiù che molti genitori che ancor oggi vedono negli antibiotici un toccasana premono per uscire dallo studio del medico con una prescrizione di questo tipo. Tutti sanno che questo è sbagliato e tutti sanno che l’errore prescrittivo è considerato una delle cause principale della selezione di patogeni resistenti e del successivo aumento generalizzato delle infezioni poco o nulla trattabili con gli antibiotici di uso comune. Da qui la necessità di intervenire con metodiche utili a razionalizzare l’impiego degli antibiotici, ad evitarne l’abuso e a diminuire il rischio di sviluppo di resistenze.

 Lo studio che qui si segnala, condotto da un gruppo di illustri pediatri, ripropone l’impiego del test rapido per la determinazione della proteina C reattiva (PCR) e suggerisce, dopo una accurata analisi di ciò che già esiste in letteratura, di utilizzare il valore di 20 mg/L come discriminante per decidere se trattare o meno con antibiotici. In pratica, si suggerisce di trattare solo i casi con valori superiori a 20 mg/L, seguendo semplicemente gli altri lasciati senza terapia antibiotica. Il giudizio è motivato dall’evidenza che valori così bassi di PCR sono sempre indicativi di forma virale e dal fatto che, utilizzando un test assai semplice come la determinazione dei valori di PCR, altri studi avevano dimostrato la possibilità di limitare in modo significativa l’uso degli antibiotici, con ovvi vantaggi in termini di riduzione del rischio di emergenza di resistenze batteriche, con minore spesa sanitaria e con annullamento della possibilità di sviluppo di eventi avversi dipendenti dall’antibiotico.

Le conclusioni non possono essere che condivisibili e sembrano soprattutto utili per chi ha relativamente poca esperienza o, non potendosi avvalere di altri mezzi diagnostici, deve utilizzare strumenti semplici e di basso costo come la determinazione della PCR. E’ invece più probabile che quanto suggerito sembri forse eccessivo al pediatra di libera scelta con maggior esperienza e con ampia partecipazione a tutti i corsi di educazione sanitaria che le diverse società scientifiche hanno messo in atto proprio su questo argomento   negli anni scorsi.

Sembra, infatti, eccessivo l’utilizzo della PCR in tutti i casi nei quali un bambino si presenta dal pediatra di famiglia con una infezione respiratoria.

Moltissimi casi hanno scritto in faccia io ho il raffreddore, tutti in casa hanno gli stessi sintomi e a scuola o all’asilo è scoppiata una epidemia di influenza o di infezione da RSV.

Qualche caso ha una bella bronco ostruzione e tutti sanno che in questo caso ci sono di mezzo solo i virus e qualche volta il Mycoplasma pneumoniae che, pur essendo un batterio, può in queste forme non essere trattato perché nella stragrande maggioranza dei casi guarisce da solo. Perché, io bambino ammalato debbo fare l’esame e perché debbo far spendere soldi al SSN per una cosa che non sarà affatto utile? Qualche dubbio sulla esecuzione sistematica della PCR deriva anche dalla stessa dinamica di sviluppo di questo parametro di valutazione della fase acuta, per altro fatta notare dagli stessi autori.

Se l’esame è fatto presto i valori sono bassi, anche nei casi nei quali, esaminati dopo 42-72 ore si sviluppa una risposta molto pronunciata con valori sovrapponibili a quelli delle forme batteriche. Come già detto, diverse forme virali provocano di per sé valori alti e, se si trovano valori alti bisogna fare altro per chiarire cosa c’è in ballo. Ricordo a questo proposito che nei casi con dimostrata polmonite lieve o di media gravità i valori nelle forme virali e in quelle batteriche ricadono grosso modo nello stesso range con valori medi compresi tra i 40 e gli 80 mg/L.

Ciò significa che la PCR da sola non serve e che la decisone se usare o meno gli antibiotici deriva da un insieme di valutazioni molto più complesse. Insomma, l’impressione che si trae da questa analisi è che la PCR può essere utile ma che probabilmente poco aggiunge nel processo di riduzione dell’uso degli antibiotici di una razionale ed obiettiva valutazione del singolo caso da parte del pediatra di libera scelta. Questo conosce il paziente, valuta il rischio di forme gravi batteriche sulla base dei sintomi e dell’epidemiologia del momento delle forme virali, può, quindi fare a meno della PCR nella stragrande maggioranza dei casi.

Se poi ha dei dubbi e ha bisogno di approfondimenti, utili soprattutto se pensa ad una polmonite, dovrà cercare di mettere insieme più cose, procalcitonina in testa. Solo se ha ancora dubbi o se si sarà convinto di una forma batterica potrà prescrivere tranquillamente gli antibiotici

Prof. Nicola Principi - Direttore Responsabile RIPPS