Di seguito l'articolo pervenuto dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS)
Chan O, Daudi A, Ji D, Wang M, Steen JP, Parnian P, et al.
Uso della cannabis durante l’adolescenza o i primi anni dell’età adulta e rendimento scolastico: una revisione sistematica e metanalisi delle pubblicazioni al riguardo
JAMA Pediatr. 2024:e243674.
Il problema delle potenziali conseguenze dell’assunzione di cannabis da parte di adolescenti e giovani adulti sullo sviluppo cerebrale, sulla salute mentale e sul rendimento scolastico è da tempo oggetto di discussione tra le più varie classi di popolazione, inclusa ovviamente, quella medica. L’interesse per il problema è stato tanto alto da determinare ricadute non trascurabili anche sul piano politico con la messa in atto, almeno in alcuni paesi, di misure legislative volte a regolamentare o rendere impossibile l’uso della cannabis se non per terapia. In realtà, la stretta correlazione tra l’assunzione di cannabis e lo sviluppo di alterazioni della struttura cerebrale, con perdita di memoria, incapacità a concentrarsi, a sviluppare pensieri propri e a seguire in modo produttivo quanto richiesto dai programmi scolastici, pur essendo apparentemente supportata da moltissimi studi scientifici, non è stata mai considerata dagli esperti completamente dimostrata. Tutto questo perchè, malgrado assai numerosi, questi stessi studi erano spesso, se non sempre, gravati da una serie di limitazioni metodologiche assai importanti che rendevano del tutto impossibile accettare i risultati. Partendo dalla necessità di chiarire il problema, almeno per ciò che riguardava l’impatto sullo studio, e favorire lo sviluppo di conclusioni utili a meglio decidere se, quando e come permettere l’uso della cannabis, Chan e collaboratori hanno condotto uno studio gigantesco e, per quanto possibile, metodologicamente quasi ineccepibile. Questi autori hanno considerato tutte le pubblicazioni sull’argomento editate fino a Novembre 2023 ed hanno utilizzato le metodiche più qualificate a selezionare i lavori in modo tale da permettere una precisa valutazione della qualità degli stessi e rendere, quindi accettabile, quanto da esse derivava. Partendo da una massa di 34.088 pubblicazioni, gli autori hanno selezionato 63 studi che, pur ancora presentando qualche elemento metodologico discutibile, permettevano di dare un giudizio abbastanza preciso e motivato su molti degli aspetti relativi all’uso della cannabis e le sue conseguenze sulle attività scolastiche. Il fatto che lo studio sia stato pubblicato su quella che è oggi una delle più prestigiose riviste internazionali di interesse pediatrico, se non la più prestigiosa, ne avvalora ulteriormente le caratteristiche. Di fatto, Chan e collaboratori hanno studiato più di 400.000 giovani adulti ed adolescenti, escludendo quelli che assumevano altre sostanze capaci di creare dipendenze o che presentavano ben definite turbe mentali, e hanno potuto evidenziare che l’uso della cannabis comportava, con moderata o sicura certezza, un titolo di studio inferiore (OR 0,61; 95% CI 0,52-0,71), un meno frequente accesso all’università (OR 0,72; 95% CI 0,60-0,87), o a titoli postuniversitari (OR 0,69; 95% CI 0,62-0,77), un più facile abbandono scolastico (OR 2,19; 95% CI 1,73-2,78) ed un più frequente assenteismo (OR 2,31; 95% CI 1,76-3,03). Meno certo, per la relativa debolezza dei dati raccolti, è stata, invece, l’informazione sulla possibile associazione tra cannabis e difficoltà a trovare lavoro (OR 1,50; 95% CI 1,15-1,96). Tutte queste differenze erano nettamente più evidente tra coloro che usavano cannabis giornalmente o settimanalmente rispetto a coloro che la assumevano meno frequentemente e tra coloro che avevano cominciata ad assumerla prima dei 16 anni rispetto a coloro che avevano cominciato più tardi. Come gli stessi autori concludono, i dati raccolti sembrano indicare in modo definitivo che la cannabis peggiora il rendimento scolastico a tutti i livelli anche se, purtroppo, non riescono a chiarire quale sia il limite oltre il quale la dose assunta e la durata dell’assunzione diviene potenzialmente pericolosa. La distinzione fatta nel lavoro tra i soggetti studiati a questo proposito è, infatti, inevitabilmente molto grossolana perché valutare tutti insieme i soggetti che utilizzano la cannabis tutti i giorni, magari più volte, con soggetti che ne fanno un uso una volta alla settimana sembra creare il rischio di un bias rilevante e capace di mettere in discussione quanto dimostrato. Inoltre, lo studio include studi recentissimi e studi meno recenti e non tiene conto del fatto che la cannabis è notevolmente cambiata nel coro del tempo e che il contenuto delle foglie di tetraidrocannabinolo, la componente attiva, è passato dal 4% al 14% dal 1995 al 2019. Questi dati sono stati raccolti negli USA e non è detto che lo stesso discorso possa essere fatto in altri paesi ma sembra certo che, almeno dove queste variazioni si sono verificate, ciò può comportare esposizioni al cannabiolo ben diverse nel tempo e un impatto differente sull’impatto scolastico. Anche qui, mettere tutto insieme, può creare problemi di attendibilità delle conclusioni. In un’epoca in cui in molti paesi si tende a rendere legale l’uso della cannabis anche a scopo ricreativo, un discorso di questo tipo non può essere ignorato.
Questa segnalazione interessa tutti, ma soprattutto i pediatri che hanno tra i loro assistiti parecchi adolescenti ai quali un discorsetto al riguardo può non fare male. Ad ulteriore commento, tuttavia, non si può non dire che se lavori come questi sono essenziali per capire quale sia l’eventuale danno da cannabis e aprire la strada a nuovi approfondimenti sul problema del dosaggio, resta da approfondire ed affrontare, più compiutamente di quanto fatto finora, il perché dell’uso della cannabis. Diversi lavori hanno associato l’uso della cannabis con lo sviluppo di psicosi, depressione, tendenza al suicidio. Non è chiaro, però, quale delle due situazioni nasca prima, se cioè sia la cannabis a fare tutto o se, al contrario certe turbe mentali favoriscano il consumo di cannabis. Proibire o limitare l’uso non terapeutico della cannabis può non essere sufficiente a normalizzare o a evitare situazioni che esistono da prima e che hanno poi ricadute indipendenti anche su altri aspetti della vita, rendimento scolastico incluso. Anche l’evidenza, bene accertata da diversi studi, che l’uso della cannabis è legato anche alla presenza, tra i consanguinei o gli amici, di soggetti che già fanno uso di droghe pesanti o che delinquono rende necessità di allargare il discorso e continuare ad approfondire le ragioni che portano molti giovani ad usare la cannabis.
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Prof. Nicola Principi - Direttore Responsabile RIPPS