Covid-19: l'esperienza della Svezia

Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Brescia

di Marta Paterlini, Neurobiologa presso il Karolinska Institute a Stoccolma e Giornalista scientifica

La seconda violenta ondata di coronavirus non sta risparmiando nessuna nazione, e la Svezia, un paese di 10 milioni di abitanti, non è da meno. Nonostante ad inizio autunno sembrava che il contagio avesse rallentato in modo stabile, tanto che il Governo aveva cominciato ad allentare le poche restrizioni che aveva in atto, il virus invece, qualche settimana dopo il resto di Europa, ha ricominciato a crescere esponenzialmente: in totale sono stati confermati 6.681 decessi  e 243.219 contagi; 220 pazienti sono assistiti in terapia intensiva, occupando il 50% della capacità totale. L'infezione si sta diffondendo molto rapidamente nelle 21 regioni svedesi e in particolar modo nella capitale, la più colpita anche in primavera. A Stoccolma, in un paio di settimane si è passati dall’8,4% al 20,3% di abitanti contagiati. Questi numeri impietosi hanno costretto la Svezia a stringere la morsa per la prima volta da marzo.

Il paese scandinavo è sotto i riflettori internazionali da inizio pandemia,  pesantemente criticato per un approccio per molti troppo rilassato. Mentre gran parte dell'Europa ha imposto dall’inizio della pandemia severe restrizioni alla vita pubblica per arginare la diffusione di Covid-19, la Svezia si è distinta per non essersi mai fermata del tutto e per non avere mai imposto rigide politiche di distanziamento sociale. Invece, ha lanciato misure volontarie basate sulla fiducia e sul folkvett traducibile con buon senso: ha consigliato alle persone sopra i 70 anni e ai gruppi a rischio di evitare i contatti sociali; ha raccomandato a chi poteva di lavorare da casa, di lavarsi le mani regolarmente, di attuare un distanziamento fisico di due metri e di evitare viaggi non indispensabili. I confini e le scuole per i minori di 16 anni sono rimasti aperti, così come i negozi e molte aziende, compresi ristoranti e bar. La pandemia è gestita dalla Agenzia di Sanità Pubblica (Folkhälsomyndigheten) un organismo indipendente, a cui si adegua anche il governo che a sua volta si limita a invitare i cittadini a seguire le raccomandazioni dell’Agenzia. Ora, il primo ministro in persona, Stefan Löfven, ha deciso di fermare la distribuzione di alcol dopo le 22 e la chiusura di bar e ristoranti alle 22:30, e ha annunciato in una grave conferenza stampa un limite per gli incontri pubblici a otto persone a partire dal 24 novembre, per un periodo di quattro settimane. In precedenza, il limite era compreso tra 300 e 50, a seconda del tipo di evento. Per Löfven "questa è la nuova norma per l'intera società, perché la situazione sta per peggiorare", ha detto alla nazione.

“Siamo preoccupati perchè non ci aspettavamo questo aumento”, ha commentato Anders Tegnell, il controverso volto della strategia svedese ed epidemiologo di stato dell'Agenzia di Sanità Pubblica. In agosto, Tegnell, che ha il 66% del consenso popolare, aveva  illustrato tre possibili scenari per i mesi freddi autunnali. E ora ammette che la situazione sia molto peggio dello scenario peggiore previsto; nonostante sia ancora riluttante a parlare di seconda ondata e continui a dimostrarsi sfavorevole all’uso della mascherina - perchè se indossata male è inutile e può costituire un problema economico dato che bisognerebbe cambiarla almeno un paio di volte al giorno.

Sebbene le autorità sostengano che l'aumento del numero di casi possa essere attribuito a un aumento dei test, un recente studio sulle acque reflue di Stoccolma pubblicato a ottobre dal Politecnico di Stoccolma (Kunglika Tekniska Högskola, KTH) sostiene il contrario. Una maggiore concentrazione del virus nelle acque reflue, scrivono i ricercatori del KTH, mostra un aumento del virus nella popolazione della grande area di Stoccolma (dove vive la maggior parte della popolazione del paese) in un modo del tutto indipendente dai test per il Corona.
 
Uno studio pubblicato sul JAMA ha evidenziato che la Svezia e gli Stati Uniti sono gli unici paesi a non essere stati in grado di ridurre rapidamente i tassi di mortalità elevati con il progredire della pandemia. Risultati confermati dall’OCSE il cui  rapporto Health at a Glance: Europe mostra che la Svezia è il peggiore di tutti i 37 paesi membri nel ridurre la diffusione dell'infezione. Secondo i dati della Johns Hopkins University, a partire da metà ottobre, il tasso di mortalità pro capite della Svezia è del 58,4 per 100.000 persone, subito sotto l’Italia.

Il Governo Svedese e l'Agenzia per la sanità pubblica sostengono che l'elevato tasso di mortalità per Covid-19 in Svezia sia da attribuire ai decessi nelle case di cura, dove le cose sono andate fuori controllo, a causa di carenze nell'assistenza agli anziani. Tuttavia, i critici sostengono che proprio l'elevato tasso di infezione in tutto il paese sia stato il fattore che ha portato a un numero elevato di persone infettate nelle case di cura.
E’ un fatto che durante la prima ondata in primavera, le direttive di comportamento ai cittadini siano state blande e i test eseguiti minimi: c’era carenza di dispositivi di protezione per sanitari e ausiliari; i congiunti di persone positive potevano andare a scuola o andare a lavorare e inizialmente venivano testate solo le persone con sintomi gravi ospedalizzate. Secondo Tegnell gli asintomatici non costituivano una preoccupazione. In seguito, l’accesso ai tamponi e ai test sierologici  è aumentato. Soltanto all’inizio di ottobre, l’Agenzia di Salute Pubbica ha emesso “regole di condotta” non vincolanti per cui le persone con un membro della famiglia risultato positivo per Covid-19 possono restare a casa per una settimana. Ma ci sono grandi lacune in queste regole: non si applicano ai bambini (fino ai 16 anni, l'anno in cui si inizia la scuola superiore) o alle persone con professioni socialmente importanti, come il personale sanitario. Nonostante la virata verso un testing più diffuso, il sistema a metà ottobre è andato in tilt e il tracciameno mai veramente implementato. “Ogni settimana battiamo il record sia per il numero di test che per la percentuale di infettati”, afferma Claes Ruth, responsabile dei test al Karolinska University Laboratory.  “La pressione è diventata così forte che la regione è stata temporaneamente costretta a sospendere i test e ora il numero è limitato”.
La Svezia è costituita da 21 regioni, che come l’Italia hanno una gestione della sanità indipendente dal Governo centrale. Via via le regioni hanno mandato segni di disagio a Stoccolma, invocando misure più restrittive e segnalando la preoccupazione per gli ospedali e il bisogno di più personale ospedaliero, e fuori dall’ospedale il bisogno di personale per il monitoraggio delle infezioni - tanto che sono stati richiamati medici in pensione.

Con l’aumento esponenziale degli infettati ovviamente sono aumentate le degenze ospedaliere e i posti di terapia intensiva e sempre più ospedali del paese sono entrati nello stato di allerta. Johan Styrud, medico al Danderys Hospital, grande ospedale a nord della capitale, e presidente della Stockholm Medical Association, testimonia che l'afflusso di pazienti ha continuato ad aumentare nelle ultime quattro settimane. “Si è detto che probabilmente non ci sarebbe stata una seconda ondata a Stoccolma, ma ora ci siamo”, ha commentato, affermando che, tuttavia, non è la stessa situazione riscontrata in primavera, perché ora i medici sono più preparati.  Uno studio del registro svedese presentato alla fine di ottobre mostra che la mortalità tra tutte le persone assistite in ospedale per Covid-19 è diminuita dal 24,7 al 13,3% tra marzo e giugno, calcolata fino a 60 giorni dopo la diagnosi. Nello stesso periodo, il tasso di mortalità tra le persone assistite con l'ausilio della terapia intensiva è sceso dal 36 al 20 per cento. Anche il Karolinska University Hospital, il più grande ospedale del paese che ha curato il maggior numero di pazienti Covid-19 durante la prima ondata, è rientrato a pieno regime Covid-19. “È molto preoccupante, afferma Björn Persson, direttore del reparto di terapia intensiva presso Karolinska, “ma il tempo medio di cura è più breve”.

La tempesta Covid-19 si abbattuta violentemente sulla sanità svedese, anche se ha retto forse meglio che in altri paesi a detta di molti medici, che hanno avuto il vantaggio temporale di qualche settimana per ricevere i primi protocolli clinici dai medici italiani. Marzia Palma, un’oncologa del Karolinska University Hospital, ritiene che la gestione delle pandemia dal punto di vista sanitario sia stata finora abbastanza funzionale, ma accoglie con favore le nuove restrizioni. “Adesso ci sentiamo sovraccarichi perché non possiamo più rimandare e mettere a repentaglio la diagnosi, il trattamento e il follow-up di altre malattie", afferma. Il personale sanitario svedese è ancora stremato dalla prima ondata, e molti ora sono stati contagiati, e in tutto il paese si cerca di aumentare la forza lavoro”.
Le terapie intensive hanno retto nonostante la situazione svedese non fosse tra le più brillanti alla partenza. All’inizio degli anni Novanta la Svezia era ben equipaggiata. Era anche un periodo in cui la Svezia era più attrezzata per le emergenze per via della Guerra Fredda. La posizione geografica della Svezia vicina all’Ex-Unione Sovietica giocava un ruolo importante in questo. A fine Guerra Fredda il numero di posti di terapia intensiva diminuì lentamente, fino ad arrivare a 5,8 posti letto su 100,000 abitanti alla vigilia della pandemia, tra i più bassi d'Europa. L'Italia ha 12,5 unità di terapia intensiva ogni 100.000 abitanti, cioè più del doppio della Svezia. Solo il Portogallo ha meno posti della Svezia.
"Le recenti restrizioni imposte dal Governo erano necessarie", ha commentato Björn Eriksson, direttore della Sanità per la Regione di Stoccolma. "I numeri sono preoccupanti e il personale sanitario è al suo limite e vogliamo assolutamente essere un passo avanti al virus e avere il tempo di implementare nuove unità se e dove sarà necessario e credo che lo potremmo fare all’interno degli ospedali".
Per affrontare l’emergenza a marzo fu costruito in due settimane l'ospedale da campo di Älvsjö, dove sta la Fiera di Stoccolma, pronto all'inizio di aprile con 600 posti Covid-19 tutti dotati di ossigeno. Dopo un mese fu smantellato senza essere mai entrato in funzione, scatenando molte polemiche. Eriksson, all’epoca, aveva sottolineato che il lavoro era stato fatto secondo il motto di “sperare per il meglio ma prepararsi al peggio”; volevano sicurezza, in modo che nessuno nella regione fosse completamente privo di cure mediche. Tuttavia le critiche non si sono placate, poichè se alle porte di Stoccolma c’era un ospedale da campo attrezzato per la terapia intensiva, altrove molti anziani morivano in isolamento con cure palliative senza ricevere ossigeno.
Secondo molti c'erano tutte le opportunità per le attività geriatriche, ma allo stesso tempo nella regione venivano adottate le linee guida per cui gli anziani negli ospizi dovevano essere assistiti in loco per non sovraccaricare le cure mediche di emergenza. Secondo una indagine del principale quotidiano svedese, Dagens Nyheter, solo il 13% degli anziani residenti che sono morti con Covid-19 durante la primavera ha ricevuto cure ospedaliere, secondo le statistiche preliminari del National Board of Health and Welfare rilasciato ad agosto. Dagens Nyheter ha pubblicato un'indagine in ottobre che mostra che ai pazienti a Stoccolma è stata negata l'assistenza a causa di queste linee guida.

Anche se le autorità della Agenzia di Salute Pubblica hanno sempre negato, c’è chi ha sempre visto nella strategia svedese l’intenzione di creare l’immunità di gregge. Ad aprile, l’Agenzia aveva previsto che il 40% della popolazione di Stoccolma avrebbe avuto Covid-19 e avrebbe acquisito anticorpi protettivi entro maggio. Secondo gli studi sugli anticorpi dell'Agenzia pubblicati a settembre, per i campioni raccolti fino alla fine di giugno, la cifra effettiva per i test casuali degli anticorpi è solo dell'11,4% per Stoccolma, del 6,3% per Göteborg, le due maggiori città, e del 7,1% in media in tutta Svezia, rivelando come l'immunità di gregge fosse ancora un miraggio.

Dal mondo medico-scientifico le critiche non sono mancate come dimostrano numerosi articoli pubblicati da scienziati svedesi. Sul quotidiano Dagens Nyheter, in una prima lettera, 22 medici e scienziati svedesi di fama internazionale nei loro rispettivi campi avevano dichiarato già in aprile che l'azione dell'autorità sanitaria era da considerarsi un fallimento. Questi 22 ricercatori hanno costituito un gruppo che riporta regolarmente dati per confutare le scelte dell’Agenzia di Salute Pubblica.

 

Referenze

https://www.icuregswe.org/data--resultat/covid-19-i-svensk-intensivvard/
https://www.bmj.com/content/371/bmj.m4508
https://experience.arcgis.com/experience/09f821667ce64bf7be6f9f87457ed9aa
https://www.nature.com/articles/d41586-020-01098-x
https://www.kth.se/en/aktuellt/nyheter/avloppsvatten-visar-stor-okning-av-covid-19-i-stockholm-1.1016275
https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2771841
https://www.oecd-ilibrary.org/sites/85e4b6a1-en/index.html?itemId=/content/component/85e4b6a1-en
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)31672-X/fulltext
https://vetcov19.se/en/